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Introduzione all'obesità

L'obesità è una forma morbosa largamente diffusa soprattutto nelle popolazioni a più elevato tenore di vita, caratterizzata sostanzialmente da un esagerato e più o meno generalizzato accumulo di trigliceridi nel tessuto adiposo. Tale accumulo può iniziare a qualunque età, presentando modalità diverse di sviluppo a seconda della caratteristica diatesica (predisposizione del soggetto).
In questi ultimi trent'anni la lotta all'obesità è andata sempre più intensificandosi sia sul fronte medico, sia nel campo dell'informazione. Settimanalmente giornali e riviste, specializzati e non, trattano il problema del sovrappeso con articoli ed editoriali più o meno scientifici, che

incuriosiscono il lettore e lo stimolano a tentare la dieta consigliata.
In campo medico poi, il problema obesità ha da tempo mobilitato gli specialisti di varie branche della Medicina, rivelandosi condizione di notevole complessità patogenetica e che, pertanto, rende necessaria da parte del medico una approfondita preparazione multidisciplinare per poter instaurare un razionale approccio terapeutico.
Non esiste testo di biochimica, di fisiologia, di patologia medica, di farmacologia, di pediatria, di endocrinologia, di scienza dell'alimentazione, di psichiatria, di chirurgia e di dietologia, in cui il problema obesità non venga preso in considerazione, in un'ottica tuttavia esclusivamente monodisciplinare e con informazioni frammentarie, comprensibili esclusivamente agli specialisti di ciascuna disciplina e scarsamente integrate le une con le altre. Inoltre nella maggior parte dei casi l'approccio terapeutico, proprio perché settoriale, risulta spesso inefficace.
I dati diffusi dalle compagnie di assicurazioni negli Stati Uniti relativi alla popolazione adulta, indicano che il 6% degli uomini e l'11% delle donne tra i venti ed i sessantanove anni hanno un peso superiore del 20% o più al peso medio. Inoltre, la percentuale dei soggetti che presenta un peso superiore al 20% rispetto al peso desiderabile aumenta con l'aumentare dell'età.
Per quanto tali percentuali non possano essere considerate integralmente trasponibili alle altre Nazioni occidentali, è certo che l'obesità costituisce una situazione morbosa largamente diffusa in tutto il mondo e che, a parità di altri fattori, la sua incidenza va aumentando con il miglioramento del livello economico medio della Nazione; caratteristicamente, tuttavia, il fenomeno è più diffuso tra le fasce sociali meno abbienti.
Recentemente il Ministero della Difesa italiano ha diramato informazioni allarmanti riguardo a questo problema. Infatti il 18% dei giovani alla visita di leva sono risultati obesi.
Secondo una recente indagine condotta in Italia dalla Doxa, ventidue milioni di persone si considerano grasse e di queste il 57% sono donne. Gli uomini pesano in media 73 Kg e le donne 62 Kg, ma la maggior parte di loro è insoddisfatta della struttura morfologica del proprio corpo. Il 14% segue le diete più svariate, mentre il 5% pratica qualche attività fisica.
In occasione del Congresso dell'A.N.M.C.O. (Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri) tenutosi a Firenze nel maggio 2002, è stata richiamata l'attenzione sul disinteresse politico e dell'opinione pubblica su di una malattia, l'ischemia cardiovascolare, a causa della quale, ogni sei minuti, in Italia muore una persona e per la quale l'unica terapia valida è la prevenzione; universalmente si ritiene che uno dei più importanti, costanti e ripetitivi fattori di rischio, di gran lunga più significativo del tasso di colesterolo totale serico, della pressione sistolica elevata e del consumo di sigarette è proprio l'aumento del tessuto adiposo a livello addominale.
Purtroppo l'obesità viene dai più considerata una malattia e, su questa base errata, viene di norma curata con diete ipocaloriche e farmaci anoressizzanti che nella maggioranza dei casi illudono temporaneamente l'obeso fiero dell'aleatorio risultato ottenuto; tuttavia dopo immani sacrifici si ritrova depresso allo statu quo ante, ma soprattutto, anche se diminuito di peso, con una corporatura disarmonica che non lo soddisfa dal punto di vista estetico e non lo tutela dalla patologia di cui l'obesità è espressione non proporzionale.
L'obesità quindi, è il sintomo di una malattia e, come è stato ampiamente dimostrato dalla letteratura scientifica, non esiste proporzionalità diretta fra il peso e il rischio di malattia. Tuttavia questo rapporto risulta invece interessante per tutti i problemi che un aumento esagerato del carico, comunque questo sia disposto, può comportare.
Ritengo utile a questo punto chiarire i concetti di malattia e obesità per un inquadramento più comprensibile del problema, prima di affrontare l'obesità in maniera più approfondita.
S'intende per malattia quel complesso di fenomeni che alterano l'integrità strutturale di un organismo o delle sue parti, oppure ne alterano il funzionamento in senso dannoso. E' in pratica il venir meno delle capacità di mantenere costante, attraverso complessi meccanismi regolatori e bioritmici, il proprio equilibrio anatomico e funzionale.
L'organismo è in grado di rispondere a stimoli morbigeni sia interni che esterni con reazioni di vario tipo che possono portare a un tentativo di adattamento delle varie funzioni interessate. Il superamento di tale limite adattivo ingenera la malattia.
Nel realizzarsi della malattia un ruolo rilevante giocano le condizioni dell'organismo: ogni individuo reagisce in modo proprio all'azione della noxa patogena responsabile del danno.
Lo studio delle modificazioni (sintomi oggettivi) che la malattia comporta nelle strutture e nelle funzioni dell'organismo sta alla base di una corretta interpretazione diagnostica, per giungere alla quale è condizione sine qua non analizzare le modificazioni anatomiche e funzionali piuttosto che soffermarsi sul singolo sintomo soggettivo (segnalato dal paziente).
Ed è per tale ragione che l'impostazione per una corretta diagnosi prende l'avvio dall'inquadramento morfometrico del paziente, prima ancora di analizzare il rapporto peso/altezza, gli esami di laboratorio e le sue abitudini alimentari e igienico-comportamentali. E' fondamentale un esatto inquadramento morfometrico del soggetto in quanto questo determina la rilevazione di condizioni che hanno esistenza reale, indipendentemente da chi li osserva e ne coglie i segni.
Sin dai tempi più remoti, si è a conoscenza del fatto che l'obesità è il risultato di un accumulo eccessivo di grasso nel tessuto adiposo. Tale definizione, ai tempi nostri, non appaga in pieno il ricercatore, in quanto non permette di precisare quello che s'intende per eccesso di grasso.
Questa condizione, nella storia, è stata considerata espressione di opulento stato di salute o di eccitante rotondità immortalata dai più grandi pittori, dal Goja al Rubens, e solo a partire dal 1800 è stata considerata una vera e propria malattia. Solo recentemente però si è giunti a considerarla per quello che è realmente, ovvero l'espressione sintomatica di varie malattie.
Ciò rappresenta un affascinante salto di mentalità sintetizzabile nell'abbandono dell'over weight (sovrappeso), sostituito dal corretto inquadramento del fat distribution (morfopatologia).
Proprio da questa analisi scaturisce la necessità di una nuova definizione del concetto di obesità che nell'ambito della semeiotica si affianca ai sintomi ormai divenuti convenzionali, rappresentando un nuovo strumento per giungere ad una esatta diagnosi della malattia in atto.
Facciamo un esempio: se una persona affetta da un dolore nevralgico di origine dentale assume un calmante, otterrà un giovamento, come parimenti l'obeso trarrà beneficio dall'assunzione di anoressizzanti o da una dieta ipocalorica, ma in entrambi i casi, una volta esaurito l'effetto del farmaco, il benefico risultato sarà seguito da un peggioramento della situazione, poiché nel frattempo la malattia avrà continuato il suo excursus aggravandosi ulteriormente.
Si spiega così perché l'ex obeso divenuto un magro disarmonico, sospesa la dieta ipocalorica o la terapia anfetaminica, torna ad essere più grasso di prima, come succede alle persone che afflitte dal mal di denti s'imbottiscono di analgesici, avendo poi come unico risultato una recrudescenza della sintomatologia dolorosa alla sospensione dell'antidolorifico.
Siamo qui però di fronte ad una sostanziale differenza: la persona afflitta dal mal di denti prima o poi si rivolge al dentista per farsi curare, mentre l'obeso non aveva a tutt'oggi un roseo futuro. Le alternative erano due: rimanere obeso creandosi un alibi morale, oppure assoggettarsi a periodi di digiuno alternati all'ingestione di anfetaminici ciecamente prescritti da coloro i quali analizzano il corpo soltanto in base al rapporto peso-altezza della persona, ricettando poi diete ipocaloriche basate su dati tabellari.
Si deve invece ben comprendere una volta per tutte che l'obesità, presentandosi in forme cliniche assai disparate, presuppone l'intervento di momenti eziologici diversi i quali si esprimono nel comune denominatore di un incremento patologico dell'accumulo di tessuto adiposo nelle più svariate parti del corpo umano. Ecco perché l'obesità non è una malattia, ma un segno di malattia, un disperato appello che il nostro corpo ci comunica perché si possa arrivare ad una precisa diagnosi causale attraverso l'analisi morfologica del corpo stesso.
Dovere del medico è quindi primariamente arrivare ad una precisa diagnosi dell'analisi morfologica del soggetto.
A tale scopo devono essere approntate metodiche di indagine diagnostica morfometrica aventi caratteri universali, tali da permettere una intercollegialità nell'interpretazione dei dati a livello mondiale, similmente a quanto è stato fatto per i tumori con il T.N.M. (T=estensione; N=interessamento linfonodale; M=metastasi). Infatti, l'intervento medico deve mirare all'eliminazione della malattia, diagnosticata attraverso la corretta disamina di sintomi aventi carattere di ripetitività e di riproducibilità.
Possiamo esemplificare così: le alterazioni cutanee procurate dal morbillo sono uno dei vari sintomi di questa malattia infettiva, inquadrata dal punto di vista nosologico da una collegialità di interventi operati dal pediatra, dal medico di base, dall'internista, dal dermatologo, dall'infettivologo, dall'epidemiologo, dall'igienista, dall'ematologo, etc. Soltanto così è stato possibile mettere a punto i sintomi ripetitivi e riproducibili (inoculando il virus del morbillo in un soggetto che fino ad allora non aveva ancora superato tale malattia esantematica si verificava la malattia stessa) per mezzo dei quali diagnosticarla.
Attualmente queste varie discipline mediche, un tempo patrimonio esclusivo di persone eclettiche che hanno scritto la Storia della Medicina, hanno subìto una sofisticata superspecializzazione, divergendo sempre più fra loro, impedendo così una visione globale e unitaria di alcune malattie che necessitano di una nuova interpretazione per essere debellate.
Allorquando ci si interessa del sintomo obesità, non ci si deve esclusivamente basare sui parametri peso-altezza-quota calorica, ma necessariamente occorre precisare, con un'accurata disamina morfometrica, quale settore del corpo ne è interessato. Si dovranno praticare svariate misurazioni morfometriche, analizzando i diametri di vari segmenti del corpo, congiuntamente allo studio delle pliche cutanee.
Soltanto in un secondo tempo ci si potrà avvalere dell'indagine anamnestica, dell'esame psicofisico, dei reperti di laboratorio, dell'indagina sulle abitudini alimentari dell'obeso. Questi ultimi dati, correlati con le misurazioni morfometriche, permetteranno di instaurare un'educazione igienico-alimentare-comportamentale con terapie che spaziano nel campo della dietetica, dell'omeopatia, della fitoterapia, dell'idroterapia, della farmacopea, della sfera psichica ed, oggi, anche della chirurgia.



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